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Una volta che hai messo insieme qualche parola e forse anche un alfabeto, potresti pensare di aver finito. Se lo fai, è probabile che tu abbia creato un elaborato cifrario dell'italiano. Hai ancora la grammatica da fare, amico.
Questa sezione non cerca di coprire tutti gli argomenti della morfologia, la sintassi e la pragmatica. Invece, suggerisce quanto la tua grammatica dovrebbe almeno fare, menzionando alcune questioni e elencando alcuni approcci interessanti usati da varie lingue.
Le inflessioni grammaticali (flessioni) sono naturalmente affissi usati per coniugare i verbi o declinare i nomi. In italiano è facile trovare esempi (la -o che indica il maschile e la -a il femminile per i nomi, tutte le coniugazioni dei verbi, ecc.).
Una singola flessione può codificare molti significati. Ad esempio, nella forma russa domóv, la -óv finale indica sia pluralità che caso genitivo; non genera nessuna evidente relazione con gli altri suffissi plurali (ad esempio nominativo -á) o con il suffisso del genitivo singolare (-a). Nello spagnolo comí 'mangiai', la -í finale indica la prima persona singolare, il tempo passato e il modo indicativo-- un bel lavoro per una sola vocale, anche se accentata.
Nei linguaggi agglutinanti, ogni suffisso ha un significato. Ad esempio il Quechua wasikunapi 'nelle case'; il suffisso plurale -kuna è separato dal suffisso del caso -pi. Oppure mikurani 'mangiai', nel quale il suffisso per il passato -ra- è tenuto separato dal suffisso finale personale -ni.
Nei linguaggi isolanti, non ci sono proprio suffissi; i significati sono modificati inserendo parole addizionali. In cinese, ad esempio, wô chi fàn potrebbe significare 'mangio' oppure 'stavo mangiando', a seconda del contesto; il verbo non è flesso affatto. Se si desidera essere precisi, possono essere utilizzati degli avverbi: wô chi fàn zuótiàn 'ieri stavo mangiando'.
(In pratica nei linguaggi naturali ci sono tutte e tre queste forme mescolate; alcune flessioni hanno un singolo significato; il quechua ha poche flessioni, ad esempio, e il cinese possiede delle particelle grammaticali obbligatorie, come la particella le, usata per indicare un'azione conclusa: wô chi fàn le 'ho mangiato')
I creatori di conlang sembrano gravitare tra i linguaggi agglutinanti e quelli isolanti; ma c'è qualcosa che deve essere detto per quanto riguarda le flessioni. Esse tendono ad essere compatte, ad esempio. La -í, ad esempio, è decisamente molto succinta.
Perché non sbarazzarsi di uno o due di essi?
Non è difficile sbarazzarsi degli aggettivi. Un modo semplice è trattarli come verbi: invece di dire"il muro è rosso", puoi dire "il muro rosseggia"; altrimenti, invece di "il muro rosso" puoi dire "il muro rosseggiante".
Con questi trucchi puoi anche sbarazzarti del verbo essere, che, come dicono alcuni teorici, è il responsabile del modo di pensare melmoso del giorno d'oggi. (Heinlein fu attento a bandire 'essere' da Speedtalk.) Circa l'unica risposta che questa nozione si è meritata: quel modo di pensare era veramente facile.
Puoi estendere l'idea di sbarazzarti dei nomi. Ad esempio, in Lakhota, i nomi etnici sono verbi, non nomi. C'è un verbo 'essere un Lakhota': la forma presente significa 'io sono un Lakhota, tu sei un Lakhota, ecc.'
Puoi divertirti con queste cose. "La roccia è sotto all'albero" potrebbe essere espresso in qualcosa di simile a "C'è una rocciosità sotto la crescente, verdeggiante, fiorente", o forse "Essa pietreggia sotto ciò che cresce verdosamente." Se incontrassimo veramente un linguaggio come questo, comunque, mi meraviglierei che non ci stessimo ingannando. Se c'è una parola che si riferisce alle pietre, perché tradurla con "pietreggiare" piuttosto che semplicemente "pietra"?
Jorge Luis Borges, in "Tlön, Uqbar, Tertius Orbis", assume l'esistenza di un linguaggio senza nomi;
ma questo è perché coloro che lo parlavano erano idealisti Berkeleyani,
che non credevano nella permanenza degli oggetti. Comunque, ai linguisti non piace veramente usare classi semantiche-- o metafisiche-- per definire categorie sintattiche.
(Non è il livello d'analisi giusto; e tende a tener da parte come funzionano veramente le lingue facendoli sembrare tutti latino.)
Jack Vance (in The Languages of Pao) ha impotizzato l'esistenza di una lingua senza verbs. Ad esempio, "Ci sono due argomenti che vorrei discutere con te" diventa qualcosa di simile a "Argomenti-di-importanza -- in-uno-stato-di-prontezza-- due; orecchie-- di [nome del luogo]-- in-uno-stato-di-prontezza; bocca-- di questa persona qui-- in-uno-stato-di-volizione." Vance potrebbe tirarci i piedi.
Cos'è il caso? E' un modo per marcare i nomi per la loro funzione, ad esempio in latino:
Persino l'inglese ha dei casi: i possessivi come 'world's' sono in effetti forme del genitivo; mentre la distinzione tra soggetto e oggetto è fatta con pronomi (I - me, we - us, un po' come in italiano io-me, tu-te, egli-lui).
Gli entusiasti dei conlang generalmente o adorano i casi (perché rende il linguaggio compatto e rende liberi dall'ordine delle parole) o li odiano (perché l'inglese non ha molto a che fare con loro).
Alcune lingue, come il basco, hanno diversi arrangiamenti del casi. Invece del soggetto della frase sempre al nominativo, il soggetto di una frase intransitiva (ad esempio "la finestra s'è rotta") e l'oggetto di una frase transitiva (ad esempio "ho rotto la finestra) sono nello stesso caso, l'assolutivo, mentre il soggetto di una frase transitiva (e.g. "io ho rotto la finestra") sono nel caso ergativo.
Se pensi che è strano, alcune lingue, come il Dyirbal, usano il sistema nominativo/accusativo per i pronomi di prima e seconda persona (io, noi, tu, voi), e il sistema ergativo/assolutivo per i nomi e per i pronomi di terza persona.
Se una lingua non ha i casi, potrebbe contare sull'ordine delle parole per indicare la relazione tra gli argomenti del verbo; tuttavia esiste un'altra alternativa: marcare la testa del verbo. Ad esempio, nello Swahili Kitabu umekileta? 'Hai portato il libro?', il verbo leta ha un prefisso indicando il soggetto (u- 'tu') e l'oggetto (-ki-, un prefisso di terza persona che si accorda in genere con kitabu). (-me indica il passato.) L'indicatore specifico per il genere sul verbo permette l'ordine libero delle parole anche senza l'uso dei casi dei nomi.
Nota che il genere potrebbe non essere semplicemente maschile/femminile. Nello swahili, ad esempio, ci sono otto classi di generi, nessuno dei quali è maschile o femminile: uno è per gli animali, uno per gli esseri umani, uno per i nomi astratti, uno per le forme diminutive, ecc.
Non temo di dire che non molto conlang hanno generi grammaticali. (il Verdurian li ha, perché voglio sia naturalistico.) La gente chiede, a cosa serve il genere? Il genere è straordinariamente persistente: ha resistito nelle famiglie di lingue indo-europee, semitiche e bantù per almeno cinquemila anni. Deve servire a qualcosa di utile.
Alcune possibilità:
Come i casi, i suffissi personali rendono le frasi compatte, dato che una volta che hai questi, puoi generalmente omettere il pronome soggetto.
Alcuni linguaggi, come lo swahili e il quechua, includono i pronomi oggetto nel verbo stesso, generalmente con un infisso.
Le lingue romanze hanno forme clitiche dei pronomi, che si fermano appena in tempo per essere flessioni verbali: ad esempio nel francese Je le vois, 'lo vedo'; nello spagnolo Digame, 'dimmi' (e quindi anche in italiano! n.d.t.).
I verbi baschi possono flettere per codificare informazioni riguardo all'ascoltatore. Ad esempio, ekarri digute è una forma neutrale di dire 'Ce lo hanno portato'; ekarri zigunate indica la stessa cosa, ma indicando anche che l'ascoltatore è una donna a cui ci si riferisce con il pronome personale informale.
Alcune distinzioni che vengono fatte nelle lingue:
I linguaggi possono anche differire in quante distinzioni sono fatte in queste categorie.
Le persone universali sono la prima (che si riferisce a chi parla), la seconda (chi ascolta) e la terza (chiunque altro). Comunque c'è molto spazio per giocare. Le distinzioni potrebbero essere fatte:
Ho inventato una razza aliena, una volta, che usava differenti pronomi sulla terra e sott'acqua (erano anfibi), e aveva le distinzioni inclusivo/esclusivo e prossimo/ovviativo. Avevano anche un pronome per gruppi di menti e pronomi per ognuno dei tre sessi. La lista completa era impressionante.
Per me la migliore idea che Zamenhof ha avuto è stata questa tabella di correlativi, un buon modo per organizzare tutti questi pronomi. In inglese, è questa:
E' semplice e divertente regolarizzare la tabella, sebbene i linguaggi naturali generalmente lasciano dei buchi, che devono essere riempiti con frasi ('in quel modo', 'per nessuna ragione').
Potresti chiederti se i pronomi interrogativi ("Che ha fatto?") e i pronomi relativi ("Questo è l'uomo che l'ha fatto?") sono gli stessi; in alcune lingue non lo sono (in italiano, ad esempio, "chi" interrogativo diventa "che" relativo n.d.t.).
Di solito, se il nome declina, questi pronomi declinano nella stessa maniera. A volte fanno peggio-- l'inglese, ad esempio, mantiene delle forme separate "da" e "a" per pronomi di luogo (here / hence = da qui / hither = a lì) molto spesso queste distinzioni vengono perse.
I numeri sono a base dieci o qualcos'altro? Molti sistemi numerici umani sono basati sul cinque. I miei alieni contenti-dei-pronomi, avevano un sistema duodecimale. Le macchine intelligenti preferirebbero l'esadecimale...
Come si formano i numeri? 'Quaranta-tre', ad esempio, potrebbe essere formato in vari modi:
Dove i nomi declinano, anche i numeri potrebbero farlo. Oppure no. In latino, le declinazioni si fermano al numero quattro.
Nelle lingue indo-europee, siamo soliti trovare inanalizzabili radici per i numeri; ma in altre famiglie i nomi dei numeri sono derivazioni, spesso collegate al processo di contare con le dita delle mani o dei piedi-- ad esempio Choctaw 5 = tahlapi 'la prima (mano) finita'; Klamath 8 ndan-ksahpta 'tre ne ho piegate'; Unalit 11 atkahakhtok 'va giù (ai piedi)'; Shasta 20 tsec 'uomo' (considerando che un uomo ha 20 appendici contabili).
Per saperne di più sui numeri, guarda i riferimenti della mia pagina Numeri da 1 a 10 in più di 2000 lingue.
Gli aggettivi possono essere qualcosa come i nomi, qualcosa come i verbi o nessuno dei due. Se sono come i nomi, generalmente si accordano col nome a cui si riferiscono in genere, caso e numero. Se sono come i verbi, si coniugano come i verbi.
Come sono formate le espressioni comparative ("più sacro di te", "il più sacro", "sacro quanto te ")?
E' utile avere alcune derivazioni regolari per o dagli aggettivi:
Molti linguaggi, come il latino e il russo, funziona egregiamente senza di essi.
Può aiutare capire quali siano effettivamente le distinzioni. Di solito è pragmatico: il può essere parafrasato 'Tu sai di cosa sto parlando'. Considera:
L'ordine delle parole serve alla stessa funzione in russo. In questo caso potresti dire, in effetti,
(In effetti, non hanno molti rodeo in russia.)
Considera gli articoli, i numeri, i quantificatori, gli avverbi, gli aggettivi, i possessivi, le clausole subordinate-- ad esempio
Puoi generalmente dividere le frasi in teste e modificatori. Alcune lingue sono molto coerenti nel porre tutti i modificatori prima, o tutti dopo la testa. L'inglese mette la testa alla fine, con l'eccezione delle clausole subordinate. Anche il giapponese mette la testa alla fine, ma è più coerente: direbbe "la barra esame passati robot".
Ai linguisti piace parlare dell'ordine del soggetto, oggetto e verbo, che naturalmente può avvenire in sole sei combinazioni: SVO (come in inglese, in swahili e in italiano), SOV (latino, quechua, turco), VSO (gallese), OVS (hixkaryana), OSV (apurinã), VOS (malagasy). Glii ultimi tre sono, per qualche ragione, rari, anche se comunque esistono.
Le combinazioni e le complicazioni sono comune; ad esempio il tedesco è generalmente SOV, ma un verbo finito (tutti tranne un participio o un infinito) appare dopo il soggetto nella proposizione principale:
(di solito il tedesco non è descritto in questo modo; ma il mio modo è egualmente corretto, e richiede una sola eccezione. Il modo usuale richiede due eccezioni, una per i verbi non finiti nella proposizione prinipale e una per le proposizioni subordinate.)
Può essere utile pensare alle proposizioni relative usando la grammatica trasformazionale (? n.d.t.). Ad esempio una frase come
In italiano puoi pensare alla relativizzazione come un procedimento in due passi: a) sostituire il pronome nella frase subordinata con un pronome relativo (o che o il quale)
La uta lingua può anche avere dei limiti su cosa esattamente può essere relativizzato. Gli esempi seguenti sono legali in inglese, ma non in altre lingue.
Non è tutto possibile in inglese:
Alcune lingue possono gestire tali frasi semplicemente lasciando il pronome nella subordinata. A S.J. Perelman piaceva farlo in inglese:
Se la tua lingua ha i casi, devi fare attenzione a mettere i pronomi nel caso giusto-- per un italiano non è difficile imparare, perché in italiano anche il pronome relativo viene declinato a seconda del caso ("che" per nominativo e accusativo, "cui" per gli altri casi) Di solito il caso giusto da usare è quello che sarebbe appropriato per la subordinata. In Il gatto che ho detto che Alesia ha portato a casa, ad esempio, il primo "che", che rappresenta il gatto, dovrebbe essere in un caso appropriato per il gatto nella frase Alesia ha portato il gatto a casa.
il quechua ha un modo interessante di formare le frasi, che usa i participi. Ad esempio:
L'inglese ha una procedura piuttosto barocca (invertire il soggetto e il verbo). Altri linguaggi (come l'italiano, ad esempio n.d.t.) semplicemente fanno uso di una intonazione ascendente, oppure aggiungono una particella all'inizio della frase (ad esempio, nel polacco, czy) o al verbo.
Molte lingue offrono dei modi di suggerire la risposta alla domanda. Ad esempio, la particella latina num si aspetta la risposta 'no' (Num ursi cerevisiam imperant? Gli orsi non ordinano birra, no?), mentre nonne si aspetta 'yes' (Nonne ursus animal implume bipes? Gli orsi sono bipedi senza piume, vero?).
Dove le domande sono formate aggiungendo una particella (ad esempio -ne in Latino, o -chu in quechua), la particella può essere aggiunta direttamente alla parola che è stata oggetto di domanda. Con l'italiano possiamo avere lo stesso effetto solo usando l'enfasi (L'orso sta bevendo birra? L'orso sta bevendo birra?) oppure cambiando l'ordine delle parole (E' birra quello che l'orso sta bevendo?).
Un modo di fare una domanda in cinese è offrire all'ascoltatore una scelta: Nî shì bu shì Bêijing rén? "Sei di Beijing?", letteralmente "Tu essere, non essere di Beijing?"
Alcune persone, che ci crediate o meno, vivono senza avere parole per 'sì' e 'no'. Il tipico trucco per risolvere questa mancanza è ripetere il verbo della domanda: A "Conosci la via per San José?" può essere risposto con "Conosco" o "Non conosco", come in portoghese:
L'inglese di solito sposta la parola della domanda all'inizio della frase, ma altri linguaggi non lo fanno, ad esempio, mentre in inglese si dice: "What do you said?", in italiano si può anche dire: "Hai chiesto cosa?". In altre lingue è anche possibile chiedere "Sta uscendo con il di chi ragazzo?"
Nota inoltre che alcune lingue hanno differenti pronomi per le proposizioni relative ("L'uomo che pesca") e le domande ("Chi è questo uomo?").
Ancora, ci sono varie opzioni:
Il latino ha uno stratagemma pulito: per esprimere X e Y, puoi dire X Y-que, usando una particella clitica. L'espressione SPQR, Senatus Populusque Romae, è un esempio di questa costruzione: il Senato e il Popolo di Roma.
Il latino, inoltre, distingue l'"oppure" inclusivo e esclusivo: vel X vel Y significa che tu puoi avere X oppure Y oppure entrambi, ma aut X aut Y significa che puoi avere uno o l'altro ma non entrambi.
Il quechua (prima della conquista spagnola) funzionava senza congiunzioni. Per unire insieme delle cose, puoi generalmente farlo usando delle giustapposizioni. Oppure puoi usare un suffisso di caso che significa con: in effetti dici 'X e Y' dicendo 'X con Y'. Non sono sicuro riguardo a come sono gestite le disgiunzioni ('oppure')-- oggi il quechua usa delle forme importate dallo spagnolo.
Una lingua naturale ha una ampia varietà di registri, o stili del parlato: dal cerimoniale o rituale, all'ufficiale o scientifico, al giornalistico o novellistico, ale conversazioni ordinarie, al colloquiale, al gergo. I bambini parlano alla loro maniera; così fanno i poeti. La crosta superiore parla in maniera differente dalle classi più basse.
Alcuni di questi registri funzionano in modi prevedibili. Per esempio, i riti sono spesso condotti in forme arcaiche del linguaggio (o a volte completamente un altro linguaggio). La parlata educata di solito include parole più vecchie, più lunghe, straniere o tecniche. In verdurian, ad esempio, i discorsi educati importano molte parole dalla lingua da cui deriva, Cainor.
Il gergo spesso fornisce sostituzioni umoristiche per le parole comuni. Alcune di queste sostituzioni nel latino volgare sono diventate le normali parole dei linguaggi romanzi: testa 'pentola' ha sostituisto caput 'testa', dando il francese tête; (e l'italiano "testa", appunto n.d.t.) bucca 'guancia' ha sostituito os 'bocca', dando bouche; (e, di nuovo, "bocca" in italiano) caballus 'brontolone' ha sostituito equus 'cavallo', dando cheval (e cavallo).
Il gergo attinge anche dai gruppi minori: ad esempio in francese toubib, chnouf, bled sono presi dall'arabo; in inglese shiv e pal dagli zingari, schlock dallo yiddish, jazz e jive dai neri; in spagnolo calato e cachaco dal quechua.
Tutte le culture hanno dei modi per esprimere l'educazione, ma differiscono dai metodi usati e in che modo l'educazione è grammaticalizzata.
Secondo Anna Wierzbicka, il parlare educato in inglese mette molto l'accento sul rispetto degli altri e sull'evitare imposizioni. In inglese c'è una grande schiera di forme indirette per chiedere alle persone di fare delle cose, o anche offrendo loro delle cose: Will you have a drink? (letteralmente "prenderai una birra?") Would you like a drink? (ti piacerebbe qualcosa da bere?) Sure you wouldn't like a beer? (sicuro che non ti andrebbe una birra?) Why don't you pour yourself something? (perché non ti versi qualcosa?) How about a beer? (che ne dici di una birra?) Aren't you thirsty? (non hai sete?) Siamo talmente abituati a queste pseudo-domande che le usiamo anche quando la vera educazione è lontana dalla nostra mente: Will someone put this fucking idiot out of his misery? (qualcuno vuole tirar fuori questo fottuto idiota dalla sua miseria?) For Christ's sake, will you get lost? (Cristo, ti perderai?)
In polacco, per contro, una persona che ne ospita un'altra con cortesia, spinge questa cortesia sull'ospite stesso, respingendo le sue esplicite rimostranze e desideri come se fossero irrilevanti: Prosze bardzo! Jeszcze troszke! --Ale juz nie moge! --Ale koniecznie! "Per favore, ancora un po'!" "Ma non posso!" "Ma devi!" E il polacco è molto ricco di imperativi-- invece, per essere veramente vigorosi dovete usare l'infinito.
Il giapponese è spesso ancora più indiretto dell'inglese: ad esempio evita l'imperativo "Bevi Coca-Cola!" a favore di Koka kora o nomimashou! (letteralmente "Berremo Coca-Cola!").
Il giapponese è anche notabile per avere delle flessioni verbali che aggiungono un livello di educazione (ad esempio tetsudau 'aiuta'; forma educata tetsudaimasu), così come voci lessicalmente interamente differenti con lo stesso proposito (ad esempio iku 'andare', forma umile mairu, onorifica irassharu).
I termini per rivolgersi a qualcuno sono un terreno fertile per squisite complicazioni; così sono i pronomi. In pochi linguaggi è percepita come quasi una familiarità rivolgersi a qualcuno usando il pronome di seconda persona: per essere educato si usa il plurale (in francese vous), o una forma di terza persona (in italiano lei, in spagnolo usted da vuestra merced 'sua grazia', in portoghese o senhor 'il gentiluomo'), o un titolo (in giapponese sensei 'maestro', otousan 'padre', etc.). Se ad un inglese questo sembrasse singolare, bisogna notare che l'inglese usava il primo approccio, talmente diffusamente che il pronome singolare di seconda persona 'thou' è scomparso.
Sono stati fatti tentativi di formulare delle idee universali di educazione, ma questo può essere difficoltoso. Ad esempio è stato suggerito che l'educazione ha a che fare con l'evitare disaccordo; ma nella cultura ebraica il disaccordo esprime socievolezza ed è considerato come ciò che tiene le persone unite. Oppure, è stato detto che le lodi dirette di qualcuno sono evitate, e lodare gli altri è approvato; tuttavia l'autolode tra i Neri Americani è una forma buona, mentre la lode diretta di altri è evitata in giapponese.
Per la poesia devi consultare la tua Musa. Comunque è degno di nota il fatto che fare le rime non è l'unica cosa su cui è basata la poesia:
Puoi aggiungere un'enorme profondità ad un linguaggio fantasy dandogli una storia e dei parenti. Il verdurian e la sua lingua sorela, il barakhinei, ad esempio , derivano dal Cainor, come il francese e lo spangolo deriva dal latino. Il Cainor, il Cuêzi, e lo Xurná, a loro volta, derivano tutti dal proto-orientale, e così sono correlati in maniera sistematica, come il latino, il greco e il sanscrito derivano tutto dal proto-indoeuropeo.
Cosa puoi fare con tali parentele?
Le parole spesso cambiano significato nel passaggio ad un'altra lingua. Alcuni interessanti esempi dal verdurian:
Per farle bene, devi sapere qualcosa dalla linguistica storica. Le FAQ di sci.lang ti daranno una breve introduzione. Meglio ancora, leggi l'eccellente Historical Linguistics di Theodora Bynon, oppure il più approfondito Principles of Historical Linguistics di Hans Henrich Hock.
Il principio di base è che i cambiamenti di suono sono quasi totalmente regolari. Questa è una buona notizia: vuol dire che tutto ciò che devi fare è trovare un insieme di cambiamenti di suono tra il linguaggio predecessore e i suoi derivati e applicarli ad ogni parola.
Qui, ad esempio, ci sono alcuni dei cambiamenti di suono dal Cainor al Verdurian:
Un insieme differenti di cambiamenti di suoni può essere utilizzato per creare una lingua sorela. Ad esempio, il Barakhinei cambia le consonanti mute in sonore tra vocali (questo è estremamente comune nelle lingue), perde il suono finale di ogni parola, ecc. Il risultato è un linguaggio imparentato ma decisamente differente dal verdurian:
Se sei interessato ad applicare cambiamenti di suoni ad un linguaggio per generare una lingua figlia, puoi trovare utile il mio Sound Change Applier program.
Puoi usare le stesse tecniche per creare dei dialetti per la tua lingua. Linguisticamente, i dialetti sono semplicemente un insieme di varietà del linguaggio che non si sono discostate abbastanza da non permettere a chi li parla di capirsi. I dialetti possono essere creati semplicemente specificando un numero minore o meno drastico di cambiamenti di suono.
Ad esempio, il dialetto del verdurian, Avéle, è caratterizzato dai seguenti cambiamenti:
I dialetti possono anche avere i loro termini lessicali, naturalmente, magari importati dai vicini o i precedenti abitanti del territorio.
Le persone spesso suppongono che il dialetto della capitale (o qualunque altro posto ha fornito il linguaggio standard) è più 'puro' o più conservativo della parlata provinciale. In effetti è più probabile che sia vero l'opposto: il centro attivo di una cultura vedrà la sua lingua cambiare più velocemente; le aree rurali o isolate è più probabile che preservino le vecchie forme.
Se stai inventando una interlingua, puoi naturalmente voler fare di tutto per prevenire la nascita di dialetti. Questo è probabilmente una espressione del periodo fascista, comune agli armeggiatori di lingue. Perché non progettare la tua interlingua con i dialetti, riflettendo la fonologia delle varie regioni linguistiche? Il linguaggio risultante, con le varietà vicine ai più grandi linguaggi naturali, potrebbe ottenere più approvazione piuttosto che una interlingua uniforme.
La grammatica
Il tuo linguaggio è flessivo, agglutinante o isolante?
Hai nomi, verbi e aggettivi?
Come indichi le forme plurali, i casi e il genere degli aggettivi e dei nomi?
mundus soggetto o nominativo: il mondo (è, fa, ...)
mundum oggetto o accusativo: (qualcosa fa qualcosa) al mondo
munde vocativo: Oh mondo!
mundi possessivo o genitivo: del mondo
mundo oggetto indiretto o dativo: (dato, venduto, etc.) al mondo
mundo ablativo: (qualcosa è fatto) dal mondo
Do nouns have gender?
Il verbo flette per persona, genere e/o numero?
Che distinzioni vengono fatte nei verbi?
Ogni linguaggio può esprimere queste distinzioni, ma differire dagli altri in quali caratteristiche sono grammaticalizzate: riflesse nella morfologia e nella sintassi della lingua. L'inglese, ad esempio, grammaticalizza la persona e il numero nel suo sistema verbale, mentre il giapponese no. D'altra parte i verbi giapponesi hanno una forma positiva e una negativa, così come un'indicazione morfologica del livello di deferenza.
Cosa sono i pronomi personali?
Cosa sono gli altri pronomi?
In italiano, invece, è quest'altra:
QUERY THIS THAT SOME NO EVERY
ADJECTIVE which this that some no every
PERSON who this that someone no one everyone
THING what this that something nothing everything
PLACE where here there somewhere nowhere everywhere
TIME when now then sometime never always
WAY how thus somehow
REASON why
INTERR. QUESTO QUELLO QUALCUNO NESSUNO OGNUNO
AGGETTIVO quale questo quello qualcuno nessuno ognuno
PERSONA chi questo quello qualcuno nessuno ognuno
COSA cosa questo quello qualcosa niente qualunque
POSTO dove qui là * * ovunque
TEMPO quando ora allora * mai sempre
MODO come così (colà) *
RAGIONE perché
* in italiano queste forme si costruiscono con più parole, come "in qualche posto", o "da nessuna parte"
Cosa sono i numeri?
quaranta tre
quattro tre
quaranta con tre
tre e quaranta
quattro decine e tre
otto cinquine e tre
cinquanta meno sette
due volte venti e tre
E riguardo agli aggettivi?
opposto (a-, dall'alfa privativo greco, ad esempio anormale = non normale)
mancanza (in inglese -less, careless = senza cura) o empietà (sempre in inglese -ful, beautiful = pieno di bellezza, bellezza = beauty)
possibilità (-able in inglese, -ibile in italiano)
gradimento (-phile in inglese, -filo, ad esempio cinefilo) o non gradimento (-phobe in inglese, -fobo in italiano, ad esempio sessuofobo)
abitante (-er, -ian, -an, -ese in inglese, -ano, -ino in italiano)
mancanza di significato (-ish in inglese)
rafforzamento di significato (al massimo)
avverbio (-ly in inglese, -mente in italiano)
Ci sono articoli (un, il)?
Ho visto un uomo al rodeo. L'uomo aveva un orrido vestito scozzese.
Un uomo nella prima frase segnala che questo personaggio viene presentato nella conversazione; L' nella seconda frase segnala che ormai si tratta di una persona conosciuta, infatti è lo stesso di cui abbiamo appena cominciato a parlare. Anche il (in effetti "al", ma "al" è uguale a "a il") prima di rodeo indica che chi parla si aspetta che chi ascolta può immaginare quale rodeo-- altrimenti avrebbe detto un rodeo.
Ho visto uomo in rodeo. Uomo indossava un orrido vestito scozzese.
Quando viene presentato, l'uomo vive vicino alla fine della frase; quando si tratta di vecchie conoscenze, appare all'inizio.
In che ordine appaiono i vari componenti di un nome?
I dieci robot molto felici che passarono l'esame della barra
In che ordine appaiono i vari componenti di una frase?
Mein Vater ist vor einigen Tagen nach London gefahren.
Mio padre ha molti giorni fa a Londra viaggiato.
Come formi la proposizione relativa (l'uomo che...)?
L'uomo che John ha colpito ieri preferisce la birra al vino.
può essere vista come derivata dalla trasformazione di una frase che è inserita in un'altra:
L'uomo [che John ha colpito ieri] preferisce la birra al vino.
L'uomo [John ha colpito che ieri] preferisce la birra al vino.
e b) muovere quel pronome all'inizio della frase.
L'uomo [che John ha colpito ieri] preferisce la birra al vino.
the girl [you think [I love her] (la ragazza [tu pensi [io amo]])
>> the girl you think I love (la ragazza che tu pensi che io amo)
the neighbor [I traumatized his pastor] (il vicino [ho traumatizzato il suo pastore])
>> the neighbor whose pastor I traumatized (il vicino di cui ho traumatizzato il pastore)
the cat [I said [Alesia brought it home]] (il gatto [ho detto [Alesia l'ha portato a casa]])
>> the cat that I said Alesia brought home (il gatto che ho detto che Alesia mi ha portato)
This is the man [my girlfriend's father is a friend of John and him]
oppure (grazie a Leo Connolly per questo esempio)
Questo è l'uomo [il padre della mia ragazza è un amico di John e lui]
>> This is the man that my girlfriend's father is a friend of John and.
>> Questo è l'uomo che il padre della mia ragazza è un amico di John e.
There's the barn [more people have gotten drunk down in back of it than any other barn in the county]
Ecco il capannone [molte persone si sono ubriacate più nel suo retro che in altri capannoni della regione]
>> There's the barn that more people have gotten drunk down in back of than any other barn in the county.
>> Ecco il capannone in cui molte persone si sono ubriacate nel suo retro più che in altri capannoni della regione.
"That's the man which my wife is sleeping with him!"
(Ecco l'uomo il quale mia moglie sta dormendo con lui!)
Chakra-y yapu-q runa-ta qaya-mu-saq
La subordinata ha, piuttosto che la forma di una frase ordinaria ("l'uomo ha arato il mio campo") la forma di un participio ("l'uomo arante-il-mio-campo").
campo-mio arare-participio uomo-accusativo chiamare-[movimento-in-corso]-[io-futuro]
chiamerò l'uomo che ha arato il mio campo
Come formi le domande a cui si risponde sì o no?
--Você conhece o caminho que vai a São José?
--Conheço. ['conosco']
E riguardo alle altre domande?
Come neghi una frase?
Come funzionano le congiunzioni?
Stile
Educazione
Poesia
Famiglie di lingue
feir 'lanciare' / pegeio 'forza'
sönil 'sella' /asuena 'sedile'
anec 'arrivo' / ctanec 'tempo futuro'
elut 'correttezza' / aelutre 'virtù'
Il verdurian ha inoltre importato termini educati dal Cuêzi: avisar 'scuola', deyon 'materia', risunen 'disegno'. Inoltre, alcuni termini sono stati presi in prestito direttamente dal Cuêzi; altri dal Cuêzi al Cainor in tempi antici e poi ereditati nel verdurian: ad esempio risunen << risunden << Cuêzi risonda 'disegno', alla fine da risi 'penna di canna'.
Come le faccio?
Cadhinor
Verdurian
Ismaîn
Barakhinei
lucentezza
prosan prosan prozn proza 'camminare'
molenia mólnia moleni molenhi 'fulmine'
ueronos örn rone feron 'aquila'
aestas esta este âshta 'estate'
laudan lädan luzn laoda 'andare'
geleia elea jeleze gelech 'calmo'
Dialetti